Fiscalità
11/07/2024
In questo articolo ti spiego tutto ciò che devi sapere sulle cripto-attività in senso legale: quali sono le categorie e le distinzioni che devi tenere a mente se vuoi operare con sicurezza nel mondo della blockchain e delle criptovalute.
“Cripto-attività” è un termine coniato, in Italia, con la famosa “Legge Crypto” del 2023, che a sua volta recepiva il termine dalla legge europea MiCA, e ha un significato preciso che vedremo insieme a breve. Fondamentale per capire le cripto-attività è conoscerne le varie categorie in cui sono suddivise: scopriremo che in Italia ci sono diverse classificazioni che si sovrappongono e che vanno tenute in considerazione, soprattutto a fini fiscali.
La “Legge Crypto”, ovvero la legge 197/2022, afferma che “le cripto-attività sono rappresentazioni digitali di valore o diritti che possono essere trasferite e memorizzate elettronicamente”, utilizzando la tecnologia blockchain o similari. Esse includono criptovalute come bitcoin ed ether, ma anche token utilizzati per scopi specifici, come i utility token e gli asset tokenizzati. Questi strumenti digitali stanno rivoluzionando il modo in cui pensiamo al denaro, agli investimenti e alla proprietà.
La "Legge Crypto" del 2023 ha dunque introdotto in Italia una definizione chiara e dettagliata delle cripto-attività, distinguendole dalle valute tradizionali e dagli strumenti finanziari convenzionali. Questa legge è stata fondamentale per creare un quadro regolatorio che permette agli operatori del settore di sapere con precisione come devono comportarsi e quali obblighi, soprattutto di carattere fiscale, devono rispettare. Prima dell’entrata in vigore di questa legge la situazione normativa era poco chiara e trasparente, mentre la “Legge crypto” ha sicuramente portato tanta chiarezza (ma anche diversi dubbi, senz’altro).
Il legislatore, fornendo le indicazioni di quando avviene un evento “fiscalmente rilevante”, ha escluso che gli scambi tra cripto-attività aventi “eguali caratteristiche e funzionI” diano vita ad eventi “impositivi”. In altre parole, se si scambiano due cripto-attività di natura similare, non si dovrà considerare tale transazione come un evento che dia vita a imposizione sull’eventuale plusvalenza realizzata.
Sulla base della dicitura “eguali caratteristiche e funzioni” l'Agenzia delle Entrate italiana ha identificato diverse categorie di cripto-attività; se lo scambio avviene tra cripto-attività che appartengono a categorie diverse, tale transazione ha rilevanza fiscale. Vediamo quali sono, quindi, queste categorie:
token di pagamento: sono cripto-attività che fungono principalmente come mezzo di scambio. Sono progettati per essere utilizzati come valuta digitale per acquistare beni e servizi, trasferire valore tra parti diverse, o come riserva di valore. Ne sono esempio classico bitcoin ed ether, ma anche le stablecoins, quali USDt, USDc, PAXgold, DAI, etc.
utility token: cripto-attività che forniscono ai possessori l'accesso a un prodotto o servizio specifico all'interno di una piattaforma blockchain. Non sono progettati per essere utilizzati come valuta, ma piuttosto per garantire diritti di utilizzo di particolari funzionalità di una rete o applicazione decentralizzata. Ad esempio, potrebbe essere considerato utility token UNI, che garantisce taluni diritti sulla piattaforma Uniswap (la natura di tale token, tuttavia, appare al contempo ibrida, in quanto può essere utilizzato anche come token di pagamento; aspettiamo delucidazioni dell’Agenzia delle Entrate su questo punto).
security token: rappresentano un diritto di proprietà su un asset reale o un'azienda, similmente a come le azioni rappresentano una quota di proprietà di una società. Questi token sono soggetti alle stesse normative degli strumenti finanziari tradizionali e offrono diritti economici come dividendi, interessi, o una quota dei profitti. La loro emissione è regolata e deve essere conforme alle leggi sui titoli finanziari. Un esempio potrebbe essere un token che rappresenta una quota di un fondo immobiliare. Da notare che i “Security Token” non seguono la normativa prevista per le cripto-attività.
NFT: gli NFT sono cripto-attività uniche e univoche che rappresentano la proprietà di un oggetto o di un contenuto digitale specifico. A differenza delle criptovalute fungibili, come bitcoin o ether, ogni NFT è unico e non intercambiabile con un altro NFT. Sono spesso utilizzati per rappresentare opere d'arte digitali, oggetti da collezione, proprietà virtuali e altri beni digitali. Gli NFT sono registrati su una blockchain, che ne garantisce la tracciabilità e l'autenticità. La differenza principale rispetto ai security token è che non si tratta di token rappresentanti strumenti finanziari tradizionali.
Come vedremo adesso, è di fondamentale importanza categorizzare correttamente ogni cripto-attività posseduta o che è stata oggetto di una nostra transazione. Tuttavia, questa categorizzazione, già peraltro nota da tempo prima che la legge venisse emanata, non è l’unica che si applica alle cripto-attività in Italia.
L'Unione Europea, infatti, ha sviluppato un quadro regolatorio che classifica le cripto-attività in modo diverso da quello appena esposto.
Essendo categorie previste da direttive che devono essere recepite in Italia, l’Agenzia delle Entrate ha introdotto tale sistemazione in modo “sovrapposto” a quello previsto dal legislatore ed esaminato poco fa. In altre parole, si applicano entrambe le categorizzazioni, il ché complica notevolmente il lavoro di rendicontazione fiscale delle cripto-attività.
La prima distinzione fondamentale che l’UE opera sulle cripto-attività riguarda la natura del token:
stablecoin: vale a dire token digitali il cui valore stabile è legato esclusivamente ad un sottostante o più sottostanti
altre cripto-attività: categoria residuale che, di fatto, comprende tutte le criptovalute che non sono stablecoins.
Le stablecoins si distinguono ulteriormente tra E-money token e Asset-Referenced Token:
E-Money tokens: si tratta di stablecoins ancorate ad una e una sola valuta fiat e che sono sempre ed in qualunque momento redimibili dal possessore per l’equivalente valore in fiat; devono ottenere licenza di conformità alla direttiva MiCA per essere considerate ETM;
Asset-Referenced Token: tutte le altre stablecoins, di fatto, quindi tutte le stable che sono peggate a beni che non sono valute fiat oppure a più valute fiat, o ancora ad una combinazione di beni e valute fiat.
A questo punto, possiamo fare un quadro riassuntivo delle tre categorie che effettivamente sono previste a livello europeo:
E-Money tokens: al momento, token USDC, EURC, PYUSD;
Asset-referenced token: stablecoin come DAI (stablecoin overcollaterlizzata con altre crypto) oppure PAX GOLD (legata all'oro)
altri crypto-asset: categoria residuale che, come già visto, ricomprende tutti i crypto-asset che non sono stablecoin (BTC, ETH, etc...).
Questa classificazione è fondamentale per garantire la conformità alle normative europee e per facilitare la cooperazione tra i paesi membri.
Quando si scambiano cripto-attività diverse, è importante comprendere le implicazioni legali e fiscali di tali transazioni. In Italia, ogni scambio tra cripto-attività appartenenti a categorie differenti comporta la realizzazione di un evento fiscale, soggetto a tassazione sulle plusvalenze.
Supponiamo, ad es., di scambiare bitcoin per ether: in questo caso avremo:
bitcoin, un “token di pagamento” (secondo la stessa Agenzia delle Entrate, circolare del 27 ottobre 2023); non si tratta di una stablecoin, ovviamente neanche di un E-money token.
ehtereum, un altro “token di pagamento”: come sopra, non si tratta di certo di un E-money token.
Quindi, se scambiamo questi due token di pagamento tra di loro, non genereremo nessun cash-out e sull’eventuale plusvalenza realizzata in questo scambio non si dovrà pagare alcuna imposta.
Ipotizziamo, invece, di fare swap tra 0,5 BTC che abbiamo nel nostro saldo con USDC che valgono circa 30.000€:
bitcoin è un token di pagamento, come visto sopra.
USDC è una stablecoin, ha ottenuto la licenza ed è ufficialmente riconosciuta come E-money token dalle autorità europee.
In questo caso, scambiando 0,5 bitcoin per ottenere USDC che corrispondono a 30’000€, genero un evento imponibile e devo calcolare l'eventuale plus/minusvalenza (magari perché avevo pagato quel mezzo bitcoin solo 15’000€), e in caso dovrò pagare un’imposta del 26% sul guadagno che ho ottenuto, in quanto si tratta a tutti gli effetti (quantomeno a tutti quelli fiscali) di un cash-out.
Se, riprendendo l’esempio, dovessi aver ottenuto un capital gain di 15’000€, dovrò pagarci sopra un’imposta pari a 3900€.
Per ottimizzare il carico fiscale sulle transazioni crypto, è importante considerare alcune strategie. In questa sede, al lettore attento non sarà sfuggita la strategia che rileva: ovvero, quella di fare transazioni tra cripto-attività solamente appartenenti alla medesima categoria e non appartenenti alla categoria degli E-money token.
Allo stato attuale, sono poche le stable con licenza E-money token riconosciute legalmente. Cosa significa questo?
Semplicemente, evitare gli scambi con stable come USDC in modo da post porre il momento cash-out e non generare eventi impositivi!
Ma attenzione: al contempo, può essere utile effettuare uno scambio con implicazione fiscale qualora si sia in minusvalenza. Infatti, in tal caso otterremmo una perdita che potremmo compensare con eventuali guadagni realizzati nel medesimo anno fiscale.
Ricapitoliamo:
non fare scambi con EMT/ART se si è in plusvalenza e non si ha intenzione di fare cash-out;
generare eventi impositivi strategicamente, ad esempio scambiando con USDC, per ottenere minusvalenze.
In tal modo, andremo ad alleggerire il nostro carico fiscale, pagando, in ultima analisi, meno tasse sulle nostre crypto!
L’articolo è molto esplicativo: per una corretta rendicontazione fiscale delle tue cripto-attività, dovrai per forza tenere a mente le due categorizzazioni di cripto-attività previste dalla legge italiana. Dovrai, dunque, distinguere tra la natura del token e la sua funzione economica, come abbiamo visto sopra.
Questo aspetto complica ulteriormente la rendicontazione già ardua delle criptovalute. CryptoBooks è un software che automatizza i calcoli e la rendicontazione di tutte le tue valute digitali e degli NFT: semplicemente la migliore soluzione italiana per chi vuole essere in regola con il Fisco e non avere problemi.
CryptoBooks, infatti, quando importa le tue transazioni in criptovaluta, già etichetta ogni scambio nel modo corretto, identificando le cripto-attività coinvolte e indicando se quella transazione dà vita ad un’imposta da pagare sull’eventuale capital gain oppure no.
Se la categorizzazione operata di default da CryptoBooks non dovesse soddisfarti, puoi cambiarla in ogni momento, sia cambiando la natura della singola transazione che l’etichetta di una certa cripto-attività.
Ad esempio, se un token è identificato ed etichettato da CryptoBooks come “utility token”, ma tu ritieni che, in quanto token ibrido, sia più corretto classificarlo come token di pagamento, puoi svolgere quest’operazione in un click. In tal modo, eventuali scambi tra altri token di pagamento e quel token non saranno considerati cash-out e, quindi, non daranno vita ad alcun evento impositivo. In parole semplici, non dovrai pagarci nessuna tassa!
Attenzione, però: la classificazione di default operata da CryptoBooks è svolta con rigore ed attenzione: modificarla significa che ti assumi il rischio che la modifica da te operata possa essere errata. Da grandi poteri, come si sa, nascono grandi responsabilità!
Come funziona? Potrai connettere tutte le tue piattaforme crypto e i wallet che utilizzi e hai utilizzato. Successivamente, potrai scaricare i report precompilati del 2023, sia il Quadro RW che il Quadro W, ed il Quadro RT: semplicissimo! Infine, potrai continuare ad utilizzare CryptoBooks per sfruttare le sue funzionalità di portfolio tracker e, soprattutto, di ottimizzazione fiscale.
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