Fiscalità
12/06/2025
Ogni volta che effettui una transazione crypto, che essa avvenga onchain o all’interno di un exchange, paghi delle fee. Parliamo di costi di rete (le cosiddette gas fee) nel caso di scambi e transazioni onchain, di fee applicate dagli intermediari e di effetti indiretti come lo slippage. La domanda è legittima: queste spese possono essere dedotte quando calcoli le plusvalenze da dichiarare? Dal periodo d’imposta 2023, con l’introduzione del comma 9-bis dell’art. 68 TUIR (Legge di Bilancio 2023) e i chiarimenti della Circolare n. 30/E, risulta chiaro che queste spese non possono essere considerate ai fini della determinazione delle plusvalenze. Vediamo un po’ come funziona.
La questione è regolata dal comma 9-bis dell’articolo 68 del TUIR (introdotto dall’art. 1, comma 126, della Legge di bilancio 2023), e chiarita nella Circolare n. 30/E del 27 ottobre 2023 (paragrafo 3.1, pag. 48 e seguenti).
Il testo stabilisce che:
“Il costo o valore di acquisto è documentato con elementi certi e precisi a cura del contribuente; in mancanza, il costo è pari a zero. […] A differenza di quanto previsto per le attività finanziarie dal comma 6 dell’articolo 68 del TUIR, secondo cui il costo o valore di acquisto è aumentato di ogni altro costo inerente (bolli, commissioni, imposte, con esclusione degli oneri finanziari), il comma 9-bis non consente di tener conto, nella determinazione dei redditi diversi derivanti dalle cripto-attività, dei costi inerenti l’acquisto e la cessione”
Tradotto: diversamente da quanto accade per titoli o strumenti finanziari tradizionali, sulle crypto non puoi sommare fee di transazione, commissioni o altri costi di acquisto/cessione al costo fiscalmente rilevante. La plusvalenza tassabile è sempre la semplice differenza tra:
il corrispettivo percepito al lordo di commissioni e fee (o il valore normale in caso di permuta);
il costo storico documentato di acquisto della crypto (prezzo di carico).
Tutto il resto, comprese le fee operative di qualsiasi tipo, rimane fuori dal perimetro.
In concreto, ecco quali spese rientrano tra i costi non deducibili:
le gas fee pagate per transazioni on-chain su Ethereum, Bitcoin o altre blockchain;
le commissioni applicate da exchange centralizzati (come Binance, Bitget, Kraken, ecc.) su acquisti, vendite, conversioni o prelievi;
le fee indirette, ad esempio spread applicati da piattaforme di brokeraggio o wallet custodial;
gli oneri eventualmente trattenuti da piattaforme nell’erogazione di proventi da attività come staking o lending (come chiarito dalla Circolare n. 30/E).
Anche se queste spese hanno un impatto concreto sulla tua operatività e sul bilancio economico delle singole operazioni, non possono ridurre la base imponibile delle plusvalenze crypto. Ai fini fiscali, rimangono irrilevanti sia in aumento del costo storico sia in riduzione del corrispettivo di cessione (come ribadito dalla Circolare n. 30/E).
Lo slippage è la differenza tra il prezzo atteso di esecuzione di una transazione e il prezzo effettivamente ottenuto. È un fenomeno fisiologico soprattutto sugli exchange decentralizzati (DEX), ma presente anche in CeFi.
Dal punto di vista fiscale, lo slippage incide sul valore di realizzo della transazione. Non è un costo “deducibile” in senso tecnico: semplicemente, il corrispettivo percepito da indicare in dichiarazione sarà quello effettivamente ricevuto, che incorpora già l’effetto di slippage. Non va né indicato né trattato come costo separato.
Non importa quanto paghi in fee e costi accessori per:
mandare crypto da un wallet all’altro;
fare swap on-chain;
prelevare crypto da un exchange;
fare compravendita crypto su un CEX.
Ai fini fiscali, nessuna di queste fee riduce il calcolo della plusvalenza. Né possono essere portate a diminuzione del corrispettivo percepito.
L’unico elemento che conta è il costo o valore di acquisto originario della crypto, documentato in modo certo e preciso - pena l’applicazione dell’imposta del 26% sull’intera somma ceduta! Se un contribuente non ha modo di provare il prezzo di carico, esso verrà considerato 0.
Ogni altra spesa, come fee operative, commissioni, costi accessori, non ha rilevanza deduttiva, né diretta né indiretta.
Ricorda: il principio di non deducibilità delle fee si applica a tutte le operazioni che generano redditi diversi ai sensi dell’art. 67, comma 1, lettera c-sexies) del TUIR. Quindi, ogni volta che realizzi una plusvalenza imponibile - che si tratti di una permuta tra due crypto, di una cessione contro euro, di una conversione tramite stablecoin o di uno swap crypto-crypto - le fee pagate non possono mai essere portate in deduzione né considerate nella determinazione della plusvalenza imponibile.
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Ai fini fiscali, come abbiamo visto, la logica è diversa: quando compili la dichiarazione dei redditi, queste spese non vanno considerate né a incremento del costo storico né in riduzione del corrispettivo percepito. Restano fuori dal perimetro fiscale, come chiarito dalla Circolare n. 30/E.
Il Report delle Fee di CryptoBooks serve proprio a garantirti massima trasparenza e controllo sui costi operativi delle tue operazioni. Ti consente di avere sempre chiaro l’impatto economico effettivo delle commissionifee, pur sapendo che a livello fiscale queste voci non riducono l’imponibile dichiarabile.
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