Fiscalità
02/02/2024
Lo staking è uno dei metodi più comuni per ottenere una rendita passiva dalle proprie criptovalute. In questo articolo vediamo che cosa significa fare staking e come calcolare le plusvalenze sulle criptovalute ottenute attraverso questa attività.
AGGIORNAMENTO DICEMBRE 2023: la tassazione sullo staking ora è più chiara, per cui abbiamo aggiornato questo articolo con le informazioni più recenti!
Il termine staking si riferisce a un tipo di metodo di approvazione delle transazioni blockchain che analizzato da un punto di vista finanziario assomiglia ad una strategia di investimento a reddito fisso e che consiste nel depositare e bloccare una quantità di criptovalute per un periodo di tempo limitato, al fine di contribuire all’approvazione delle transazioni su una blockchain. Approvando i blocchi è possibile ottenere delle ricompense che vengono calcolate in percentuale rispetto alla quantità di criptovalute messe a stake.
Ogni blockchain ha meccanismi di staking diversi, unici, tuttavia possiamo dividere concettualmente lo staking in due principali tipi: lo staking “diretto” e quello delegato.
Si parla di staking “diretto” quando si è proprietari del nodo che approva e registra i blocchi di transazioni. In questo caso il locking delle criptovalute e i reward sono ricevuti attraverso transazioni on chain, ovvero transazioni che hanno luogo e sono registrate sulla blockchain. Per fare questo tipo di staking è necessario avere delle competenze tecniche tali da poter gestire e mantenere un nodo. Un’altra difficoltà legata a questo tipo di staking consiste nell’avere la liquidità necessaria ad essere selezionati come validatori. Ogni blockchain ha le sue specifiche e richiede una quantità di liquidità differente: ad esempio su Ethereum sono necessari ben 32 ETH.
Diverso è il caso dello staking delegato in cui si depositano le proprie criptovalute in una riserva di liquidità chiamata staking pool. Altri insieme a noi partecipano versando nella staking pool le proprie criptovalute e contribuendo a raccogliere la liquidità necessaria ad approvare le transazioni. È poi il gestore della staking pool a validare le transazioni con il proprio nodo, distribuendo a chi ha fornito la liquidità una quota dei reward. In questo modo non è necessario essere dei tecnici in grado di gestire e mantenere un nodo di una blockchain o avere una grande liquidità da mettere a stake.
Questo tipo di staking può avvenire on chain attraverso staking pool gestite da smart contract oppure su exchange centralizzati che offrono questo tipo di servizio.
Le transazioni generate dallo staking sono di tre tipi:
Deposito e blocco delle criptovalute
Incasso dei reward
Sblocco e ritiro delle criptovalute
Le criptovalute ottenute come staking reward seguendo il criterio di valorizzazione al costo d’acquisto hanno valore pari a zero. Ciò significa che non vanno ad incrementare il valore del nostro portafoglio.
La vendita delle criptovalute ottenute con lo staking genera quindi un reddito da plusvalenza dovuto alla differenza positiva tra il prezzo di vendita e il costo nullo che si è sostenuto per ottenerle. Andando a semplificare la formula del calcolo delle plusvalenze arriviamo quindi alla seguente:
Plusvalenza = Prezzo di Vendita – Oneri Accessori
Nel caso della vendita di criptovalute ottenute come reward per lo staking, gli oneri accessori comprendono solamente le commissioni di vendita su exchange centralizzato.
Vediamo ora passo passo un esempio di calcolo della plusvalenza a seguito della vendita di criptovalute ottenute da staking.
Al 1/1 (1 gennaio), un utente accedendo al proprio exchange centralizzato di fiducia effettua un ordine di acquisto a mercato di 20 ETH, spendendo € 40.000 commissioni incluse. L’exchange su cui effettua l’acquisto applica una fee dello 0,01% sull’asset che si vuole acquistare.
Al 2/2 (2 Febbraio), lo stesso utente blocca per tre mesi su quello stesso exchange i 20 ETH mettendoli a staking con un reward del 5% (APY).
Inizia così a ricevere settimanalmente dei reward che gli vengono depositati sul suo wallet exchange fino al 2/5 (2 Maggio) giorno in cui termina il contratto e ritira le proprie criptovalute. I reward cumulati consistono in 0,25 ETH
Al 3/5 (3 Maggio), effettua un ordine di vendita pari a 0,15 ETH, ricevendo € 500. L’exchange su cui effettua la vendita applica una fee dello 0,01% sull’asset che si vuole acquistare.
Procediamo al calcolo della plusvalenza.
Gli oneri accessori da considerare consistono solo nella commissione applicata alla vendita dei reward.
Commissioni di vendita
€ 500 x 0,01% = € 0,05
Il costo sostenuto, trattandosi di criptovalute generate da staking è nullo e non va quindi considerato.
Plusvalenza = € 500 – € 0,05 = € 499,95
Ma non finisce qui.
Non avendo venduto tutti gli ETH ci rimane da calcolare anche l’ammontare di criptovalute in portafoglio riportando la quantità di ETH di cui si è ancora in possesso e il loro valore.
ETH in portafoglio:
n. 20 ETH per un valore di € 40.000, prezzo unitario € 2.000
n. 0,10 ETH per un valore di € 0
Da come si evince da questo esempio la giacenza di portafoglio in crypto ha valori di prezzo di carico differenti a seconda dei motivi per i quali sono state generate le transazioni in blockchain. La plusvalenza, che in questo caso è parziale, riporta un reddito di segno positivo ma non è detto che entro la fine dell’anno questa potrà essere compensata in verso opposto da una futura minusvalenza.
La complessità delle transazioni sulla blockchain e di tutti i casi d’uso delle criptovalute, complica ancora di più questo compito. I calcoli richiedono la costruzione di modelli excel complessi e ore di lavoro da dedicare all’analisi delle proprie transazioni.
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