Fiscalità
30/12/2025
Le modifiche della tassazione 2026 delle cripto-attività entrano nella loro fase definitiva. Con la Legge di Bilancio 2026 ormai prossima all’approvazione finale (previsto il voto finale alla Camera il 30 Dicembre 2025), il legislatore ha delineato in modo chiaro il regime fiscale che si applicherà dal 1° gennaio 2026, introducendo un’aliquota più elevata per la generalità delle operazioni crypto e una limitata eccezione riservata alle stablecoin in euro conformi al Regolamento MiCAR.
In questo articolo analizziamo cosa è stato confermato, quali correttivi non sono stati approvati, quali operazioni restano fiscalmente neutrali e quali implicazioni pratiche devono tenere in considerazione gli investitori.
Alla fine risponderemo anche alla domanda più importante che bisogna porsi in questo momento: “Conviene vendere tutto prima del 31 Dicembre 2025?"
Il nuovo assetto fiscale non nasce con la Legge di Bilancio 2026, ma affonda le sue radici nella Legge di Bilancio 2025 (Legge n. 207 del 2024), che aveva già previsto l’innalzamento dell’imposta sostitutiva sulle plusvalenze da cripto-attività dal 26% al 33% a partire dal 2026.
Quella norma ha rappresentato il punto di svolta, fissando l’aliquota ordinaria che oggi costituisce la regola generale per la tassazione delle cripto-attività.
La Legge di Bilancio 2026, pur non ancora formalmente pubblicata in Gazzetta Ufficiale al momento in cui scriviamo, ha già superato il voto del Senato e introduce, all’articolo 1, comma 28, una specifica eccezione al regime ordinario.
In particolare, viene previsto che per i token di moneta elettronica denominati in euro (EMT in euro) conformi al Regolamento (UE) 2023/1114 MiCAR, l’imposta sostitutiva continui ad applicarsi con aliquota ridotta al 26%, in luogo del 33% previsto per tutte le altre cripto-attività.
È fondamentale chiarire un punto spesso frainteso: l’aliquota ridotta al 26% non si applica a tutte le stablecoin denominate in euro, ma esclusivamente a una categoria ben precisa di cripto-attività, ossia i token di moneta elettronica (EMT) denominati in euro che rispettano integralmente i requisiti previsti dal Regolamento europeo MiCAR.
La norma non fa quindi riferimento alla semplice denominazione “in euro” del token, ma alla sua qualificazione giuridica. Per rientrare nel perimetro agevolato, il token deve avere un valore stabilmente ancorato all’euro, essere interamente garantito da riserve denominate in euro e tali riserve devono essere detenute presso soggetti autorizzati all’interno dell’Unione europea. Solo in presenza congiunta di queste condizioni il legislatore riconosce il trattamento fiscale di favore.
In questo contesto, l’aliquota del 26% può applicarsi sia alle eventuali plusvalenze derivanti dalla cessione di EMT euro MiCAR compliant, sia ai proventi generati dalla loro detenzione o dal loro impiego, come ad esempio interessi o rendimenti maturati nello stesso token. Si tratta però di un ambito applicativo piuttosto ristretto, perché la struttura stessa degli EMT euro, ancorati in modo stabile alla valuta legale, rende poco frequente la formazione di vere e proprie plusvalenze in conto capitale.
Alla luce del nuovo impianto normativo, dal 1° gennaio 2026 la regola generale è che la vendita o la conversione di Bitcoin, Ethereum e di tutte le altre cripto-attività tradizionali sarà tassata al 33%. Lo stesso vale per le stablecoin ancorate a valute diverse dall’euro, come USDT o USDC, e per i proventi derivanti da attività di staking, lending o forme analoghe svolte su crypto diverse dagli EMT euro.
Per maggiore chiarezza, ecco uno schema riepilogativo delle aliquote previste per il 2026:
vendita di Bitcoin, Ethereum e altre cripto-attività: aliquota al 33%
vendita di stablecoin in dollari (USDT, USDC) o in altre valute non in euro: aliquota al 33%
proventi da staking, lending e attività simili su crypto non EMT in euro: aliquota al 33%
vendita di EMT in euro conformi al MiCAR: aliquota al 26%
proventi generati in EMT euro MiCAR compliant: aliquota al 26%
rimborso o conversione di EMT in euro in valuta fiat euro: fiscalmente irrilevante (0%)
La tassazione al 33% si applica ogni volta che l’operazione comporta la dismissione di una cripto-attività diversa da un EMT in euro MiCAR compliant. È questo il punto che spesso genera confusione.
Se, ad esempio, un investitore converte Bitcoin, Ethereum o un’altra criptovaluta in un EMT in euro, l’operazione è fiscalmente rilevante: la crypto ceduta viene considerata venduta e l’eventuale plusvalenza maturata su quell’asset è tassata al 33%. Lo stesso principio vale per la conversione di una crypto in una stablecoin ancorata al dollaro o in qualsiasi altra cripto-attività.
In sostanza, non è la destinazione finale dell’operazione a determinare la tassazione, ma l’uscita dall’asset originario. Il fatto che il controvalore venga “parcheggiato” in una stablecoin in euro non rende l’operazione fiscalmente tassabile al 26%.
Proprio per il motivo spiegato nel precedente capoverso è importante evitare un equivoco ricorrente: l’aliquota del 26% non si applica quando l’EMT in euro è l’asset di arrivo, ma solo quando è l’asset di partenza.
Se l’operazione parte da un EMT in euro e genera proventi o viene convertita in un altro strumento, il regime agevolato può trovare applicazione nei limiti previsti dalla norma. Se invece l’operazione parte da una crypto diversa e termina in un EMT euro, la plusvalenza eventualmente realizzata sulla crypto ceduta resta integralmente soggetta all’aliquota del 33%.
Il discrimine, quindi, non è la presenza di una stablecoin in euro nell’operazione, ma la natura dell’asset che viene dismesso.
Uno degli aspetti che ha generato più dubbi e richieste di chiarimento riguarda la neutralità fiscale tra gli EMT in euro conformi al MiCAR e la valuta Euro stessa. A prima vista potrebbe sembrare ovvio che convertire un asset che mantiene stabilmente lo stesso valore in euro non debba generare un evento tassabile, ma proprio per evitare interpretazioni errate il legislatore ha ritenuto necessario definirlo esplicitamente nel testo della nuova normativa.
In termini pratici, questo significa che la semplice conversione tra euro fiat e un token di moneta elettronica denominato in euro (EMT euro MiCAR compliant), ad esempio attraverso una piattaforma che consente il rimborso diretto al valore nominale, non dà luogo a plusvalenze o minusvalenze imponibili. Questo principio viene equiparato alla conversione tra modalità diverse di detenere la stessa valuta e quindi è considerato fiscalmente neutro.
La motivazione è tanto semplice quanto importante: non tutte le stablecoin denominate in Euro sono effettivamente “moneta elettronica” ai sensi del Regolamento europeo MiCAR.
L’approvazione dell’emendamento 13.0.2 non introduce un nuovo principio, ma rende formalmente obbligatorio un orientamento già chiarito l'anno scorso. Le cripto-attività erano infatti già considerate rilevanti ai fini ISEE sulla base delle FAQ ISEE 2024 e dei chiarimenti forniti in sede di interpello.
Con l’intervento normativo, questa impostazione viene ora recepita in modo strutturale nel regolamento ISEE, eliminando ogni residua ambiguità interpretativa. È previsto un periodo transitorio per l’adeguamento tecnico del sistema: aggiornamento del DPCM ISEE entro 60 giorni e successivo adeguamento operativo degli enti entro ulteriori 90 giorni.
Le prestazioni già in corso restano valide fino al completamento di questo processo, ma il quadro è ormai definito: le cripto-attività devono essere inserite nel patrimonio mobiliare rilevante ai fini ISEE.
Non sono state approvate le proposte che prevedevano:
l'eliminazione dell’aliquota del 33% e introduzione dell’aliquota al 26% per tutte le plusvalenze da cripto-attività;
il rinvio al 2027 dell’aliquota al 33%;
la rivalutazione permanente dei valori al 1 di gennaio di ogni anno fiscale pagando un'imposta sostitutiva del 18%;
la compensazione tra plusvalenze/minusvalenze di strumenti finanziari tradizionali e cripto-attività;
l'Inserimento delle spese per commissioni o gas fee per il calcolo delle plusvalenze/minusvalenze;
l'istituzione di un tavolo permanente di vigilanza sulla fiscalità delle cripto-attività.
L’impianto normativo è quindi da considerarsi definitivo, salvo interventi straordinari che potrebbero modificarlo.
Il decreto “Milleproroghe” rappresenta l’unico spazio residuo per un intervento correttivo. Tuttavia, le probabilità sono contenute. Dal punto di vista sostanziale è meglio pensare che l’aliquota al 33% entri in vigore regolarmente dal 2026.
Infatti il Milleproroghe è un decreto-legge, di norma approvato a fine anno o a inizio anno, che contiene decine (a volte centinaia) di proroghe di termini normativi in scadenza.
Il nome "Milleproroghe" non è ufficiale, ma nasce dal fatto che il decreto:
rinvia scadenze;
differisce l’entrata in vigore di norme;
concede periodi transitori;
corregge effetti non voluti di leggi recenti.
Nel caso delle cripto-attività, il riferimento al Milleproroghe nasce perché l’aumento dell’aliquota al 33% dal 2026 è stato approvato senza correttivi e tutti gli emendamenti “mitigativi” sono stati bocciati in Bilancio.
In questo caso il Milleproroghe rappresenta l’ultima finestra tecnica per rinviare l’entrata in vigore dell’innalzamento dell’aliquota.
Perché le probabilità sono basse? Storicamente il Milleproroghe interviene raramente su grandi scelte fiscali ed è più usato per scadenze amministrative e regimi transitori. Difficilmente modifica decisioni politiche già consolidate in Bilancio.
Alla luce dell’innalzamento dell’aliquota sulle plusvalenze da cripto-attività, è naturale porsi una domanda fondamentale: conviene vendere le proprie crypto prima della fine dell’anno per beneficiare dell’aliquota attuale?
La risposta, però, è meno immediata di quanto possa sembrare. Non esiste una soluzione valida per tutti e, soprattutto, la scelta non dovrebbe mai essere guidata dall’urgenza o dalla paura di un aumento delle imposte, ma da un’analisi strategica basata sui numeri.
In molti casi, vendere tutto anticipatamente non è la decisione più efficiente, e le situazioni in cui questa strategia risulta davvero conveniente sono più rare di quanto si pensi.
L’impatto fiscale dipende infatti da diversi fattori: la struttura degli acquisti nel tempo, il metodo di calcolo delle plusvalenze, la presenza di minusvalenze compensabili e, non da ultimo, le prospettive di mercato dell’asset detenuto.
Proprio per questo motivo abbiamo dedicato un video specifico sul tema, in cui analizziamo quando ha senso vendere prima del 31 dicembre 2025 grazie all'utilizzo di un simulatore:
Se vuoi replicare gli stessi calcoli mostrati nel video sul tuo portafoglio, puoi utilizzare il simulatore di CryptoBooks per verificare in modo concreto se vendere prima del 31 dicembre 2025 è davvero la scelta più efficiente dal punto di vista fiscale.
La regola d’oro resta sempre la stessa: prendere decisioni solo dopo aver valutato tutti i dati disponibili. Se non sei ancora nostro cliente, ti ricordiamo che puoi provare CryptoBooks gratuitamente per 7 giorni e simulare l’impatto fiscale delle diverse strategie direttamente sul tuo portafoglio, e scegliere in modo consapevole come ti conviene agire.
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