Fiscalità
02/02/2024
Il capital gain da criptovalute è tassato? A quanto ammonta la tassazione e come si calcola? Scopri tutto in questo articolo!
Il capital gain si traduce in italiano con “plusvalenza” e consiste nel profitto realizzato grazie alla compravendita di un bene – il termine si usa, tuttavia, soprattutto in ambito finanziario, facendo riferimento alla compravendita di titoli.
Come per ogni reddito, anche il capital gain viene tassato nella maggior parte dei paesi del mondo, in modo chiaramente differente da un paese all’altro. In quest’articolo ti spiego quanto è tassato il capital gain e come calcolarlo con precisione.
Capital gain sta per guadagno di capitale, o “plusvalenza“, e tale termine fa riferimento al profitto realizzato dalla vendita o dallo scambio di criptovalute che hanno incrementato il loro valore rispetto al prezzo di acquisto originale, senza contare le eventuali commissioni o spese sostenute nell’arco di un anno fiscale.
Di regola il capital gain si calcola sottraendo il prezzo di acquisto delle criptovalute con il prezzo di vendita o scambio: il risultato è considerato reddito imponibile.
In altri termini, quando si comprano delle criptovalute ad un determinato prezzo e successivamente vengono vendute o scambiate ad un prezzo maggiorato, la differenza tra il prezzo di acquisto e il prezzo di vendita determina il guadagno, ovvero il capital gain.
Le tasse sul capital gain da criptovalute variano da paese a paese in quanto le normative fiscali sono differenti da una giurisdizione all’altra. In generale, le criptovalute sono considerate come beni o proprietà e i capital gain, derivanti dal loro scambio o dalla loro vendita, sono tassati come guadagni di capitale, in quanto fonte di reddito.
La tassazione differisce da Paese a Paese anche per una serie di innumerevoli fattori, come la durata di detenzione delle criptovalute, con la distinzione di un sistema a breve e a lungo termine; il reddito complessivo, con l’applicazione di aliquote progressive, fisse o regimi fiscali specifici e così via.
Le differenze tra i paesi possono dunque essere davvero tante, basti pensare che in UK si ha una tassazione profondamente differente da quella applicata in Italia.
Nel corso di questo articolo ci focalizzeremo, tuttavia, sulla normativa vigente in Italia e verranno descritte ed elencate le novità principali apportate dalla nuova Legge di Bilancio 2023 in tema di fiscalità delle criptovalute. Prima di iniziare è però opportuno chiarire il concetto di capital gain da criptovalute.
Capital gain sta per guadagno di capitale e, come si è detto in precedenza, tale termine fa riferimento al profitto realizzato dalla vendita o dallo scambio di criptovalute che hanno incrementato il loro valore rispetto al prezzo di acquisto originale, senza contare le eventuali commissioni o spese sostenute nell’arco di un anno fiscale.
Bisogna però tenere conto che la legge italiana è cambiata molto con l’introduzione, con la Legge di Bilancio 2023, di nuove regole che si discostano anche molto da quelle vigenti, e applicabili, negli anni precedenti.
Per criptovalute si intende, nel senso comune e non legislativo, definire le valute virtuali, ovvero quelle che non esistono in forma fisica e che si scambiano esclusivamente per via telematica.
In base alla normativa dell’Agenzia delle Entrate previgente, questa tipologia di valuta era considerata come una valuta estera e quindi strumento finanziario che generava un reddito diverso da dichiarare nel quadro RW, se si superava una detenzione minima di 15’000€ per 7 giorni consecutivi nell’anno fiscale in esame.
L’identificazione per analogia delle criptovalute alle valute estere è stato superato e abbandonato dall’attuale riforma fiscale: la nuova Legge di Bilancio, infatti, ha creato una categoria apposita per le criptovalute, definite ora crypto-attività, riferendosi non più solo a coin e token ma ad ogni tipologia di asset digitale, tra cui anche gli NFT (Non-Fungible Token).
Inoltre, le crypto-attività sono, in base alla nuova normativa, considerate redditi diversi, ovvero forme di guadagno non conseguiti attraverso l’esercizio di professioni o di arti o mediante aziende commerciali o sociali.
La nuova Legge di Bilancio, approvata dal governo Meloni per il 2023 per la prima volta nella storia dell’ordinamento italiano è intervenuta anche nel mondo delle monete virtuali, colmando il vuoto normativo presente fino allo scorso anno.
Dunque, la regolamentazione della nuova riforma fiscale riguarda i seguenti punti:
il monitoraggio fiscale;
il calcolo delle plusvalenze;
l’introduzione della sanatoria delle criptovalute;
la collocazione nel bilancio aziendale.
Con la manovra, in sostanza, si conferma la tassazione del 26% su tutti i redditi considerati diversi. All’interno di questi redditi diversi troviamo, come detto poc’anzi, anche le cripto-attività, a cui quindi si applica questo regime fiscale.
La tassazione è ovviamente applicata sul capital gain, ovvero la plusvalenza ricavata dalla compravendita delle criptovalute, che costituisce, di fatto, un reddito. Al contrario, si ha una minusvalenza quando il prezzo della criptovaluta diminuisce rispetto al prezzo iniziale di acquisto. Poiché non si ha guadagno, ma una perdita di denaro, la criptovaluta non è soggetta a tassazione. In questo caso, la crypto-attività è pur sempre oggetto di monitoraggio fiscale dalle autorità competenti; inoltre, la minusvalenza realizzata può essere portata in deduzione negli anni successivi al primo, qualora superi la soglia minima di 2’000€.
L’aliquota del 26% è applicata a prescindere dalla tipologia di regime fiscale con cui si andrà a pagare. Si distingue, infatti, tra regime amministrato e regime dichiarativo: il primo si ha quando l’intermediario finanziario calcola e versa l’imposta direttamente all’amministratore fiscale e presenta una dichiarazione separata all’entità amministrativa.
Invece, nel regime dichiarativo il contribuente deve dichiarare i suoi guadagni, calcolare autonomamente il reddito, presentare una dichiarazione fiscale specifica e determinare l’importo dell’imposta dovuta.
In entrambi i regimi dichiarativi si applica comunque la medesima aliquota del 26% sul capital gain da criptovalute.
Il comma 126 della Legge di Bilancio 2023 chiarisce che l’imposta verrà, però, applicata solo per plusvalenze eccedenti i 2.000€. Inoltre, le operazioni diventano fiscalmente rilevanti quando la criptovaluta viene convertita in una valuta a corso legale (dollaro, sterlina, euro, etc.) e non se si cambia una crypto-attività con un’altra avente le medesime caratteristiche e funzioni economiche: in tal caso, infatti, tecnicamente si ha attività di permuta.
Specificamente, le operazioni fiscalmente rilevanti sono:
la conversione delle crypto in monete Fiat;
l’acquisto di un bene attraverso le criptovalute;
l’acquisto di NFT (non fungible token): oggetti d’arte, video, clip, immagini e musica frutto di una elaborazione digitale comprati con criptovalute;
lo scambio di una “crypto-attività” con un’altra aventi caratteristiche o funzioni differenti.
La normativa prevede che la compensazione tra perdite e guadagni deve essere fatta in autonomia e in regime dichiarato, seguendo i modelli e i riquadri per la dichiarazione dei redditi. Inoltre, la tassazione dovrà essere pagata anche in caso di donazione o successione delle criptovalute.
In caso di mancata dichiarazione delle criptovalute la legge prescrive delle sanzioni. Tuttavia, la nuova riforma di bilancio 2023 ha previsto un sistema di sanatoria di cui puoi leggere tutte le informazioni a questo articolo.
La tassazione si applica su tutte le tipologie di transazione effettuate con le criptovalute, ma ci sono delle eccezioni: bisogna, infatti, fare una differenza tra le operazioni svolte da una persona giuridica, ovvero un’impresa o una società e quelle realizzate da una persona fisica.
Se l’acquisto è stato effettuato attraverso una società, si ha un investimento vantaggioso perché la moneta virtuale è una sorta di bene rifugio che non è soggetto ai vari cambiamenti economici come crisi o inflazione. In questo caso, l’acquisto e la vendita delle criptovalute sono considerati come possesso di crypto-attività che bisogna dichiarare all’interno del bilancio; la tassazione viene applicata solo nel momento in cui si ottiene una plusvalenza e non una perdita.
Nel caso in cui si decida di investire personalmente, è necessario fare una distinzione tra la dichiarazione del valore delle criptovalute al Fisco, tramite inserimento della cifra detenuta nel quadro RW (in virtù degli obblighi di monitoraggio fiscale) e la tassazione sulla plusvalenza di bitcoin e criptovalute in generale (o la deduzione per minusvalenza).
Nel caso di bitcoin o altre crypto-attività nel wallet, si ha l’obbligo di dichiarare le criptovalute all’Agenzia delle Entrate a prescindere dall’entità posseduta e detenuta. Le persone giuridiche devono inserire invece tale somma nel bilancio.
In caso di plusvalenza, si ha poi la tassazione del 26% come specificato in precedenza.
In definitiva, nel corso del presente articolo sono state elencate tutte le principali novità introdotte dalla Legge fiscale del governo Meloni 2023 per quanto riguarda la tassazione sulle criptovalute.
Ecco, in sintesi, i punti principali:
le criptovalute sono considerate delle attività finanziarie, definite “crypto-attività”, soggette a tassazione;
la tassazione è pari al 26% sulle plusvalenze;
se le plusvalenze (e le minusvalenze) sono al di sotto dei 2.000 €, i valori non sono rilevanti fiscalmente;
l’investitore ha l’obbligo di documentare tutte le “crypto-attività” detenute
In ultima analisi, si consiglia di rivolgersi sempre a qualcuno che conosca bene la materia e che possa indirizzare verso la giusta direzione, oppure, in alternativa è possibile scegliere un software che riesca a calcolare in modo automatico le tasse da pagare.
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