Fiscalità
31/10/2024
L'aliquota corretta sulle plusvalenze crypto è del 12,5% e non del 26%? Possiamo richiedere il rimborso del 50% delle tasse versate nel 2023?
L'analisi del Dott. Commercialista Stefano Capaccioli - discussa in questa live - ha messo in luce un errore incredibile nella normativa fiscale italiana sulle cripto-attività. Cerchiamo di fare ordine.
La tesi è la seguente: la mancata modifica al Decreto Legge 66/2014 limiterebbe l’efficacia della Legge di Bilancio 2023 nel rendere applicabile l’aliquota del 26% sulle plusvalenze da cripto-attività. Pertanto, secondo Capaccioli, l’aliquota corretta resterebbe quella originaria del 12,5%.
In assenza di una modifica esplicita al DL 66/2014, il 26% non può essere automaticamente applicato, rendendo l’attuale tassazione discutibile.
Ricostruiamo i passaggi di questa scoperta. La tassazione sui redditi diversi è regolata dall’art. 5 del decreto legislativo 21 novembre 1997, che stabiliva che stabiliva un’aliquota del 12,5% sulle plusvalenze per diverse tipologie di redditi. Successivamente, il recente Decreto Legge 66/2014 ha aumentato tale aliquota al 26% per tutti i “redditi finanziari” elencati dalla lettera c-bis alla c-quinquies, includendo cessioni di partecipazioni non qualificate, strumenti finanziari, valute estere, metalli preziosi e contratti a termine; ma non le cripto-attività. Per ovvie ragioni temporali, il DL 66/2014 non menzionava le cripto-attività, aggiunte solo nel 2023 con la Legge Crypto alla lettera c-sexies.
Il seguente schema di riepilogo è tratto dall'articolo di Capaccioli su Econopoly.
La Legge Crypto nel 2023, regolamentando le cripto-attività, modifica infatti il decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461, modifica il decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461, aggiungendo la lettera c-sexies alla fine della lista dei redditi diversi:
c-sexies) le plusvalenze e gli altri proventi realizzati mediante rimborso o cessione a titolo oneroso, permuta o detenzione di cripto-attività, comunque denominate, non inferiori complessivamente a 2.000 euro nel periodo d’imposta. Ai fini della presente lettera, per “cripto-attività” si intende una rappresentazione digitale di valore o di diritti che possono essere trasferiti e memorizzati elettronicamente, utilizzando la tecnologia di registro distribuito o una tecnologia analoga. Non costituisce una fattispecie fiscalmente rilevante la permuta tra cripto-attività aventi uguali caratteristiche e funzioni.
Questa nuova classificazione specifica le condizioni di tassazione, delimitando gli eventi imponibili alle operazioni con plusvalenze superiori alla soglia dei 2.000 euro e distinguendo le permute tra cripto simili come non imponibili.
Questa nuova disposizione include le cripto-attività tra i redditi diversi, ma non prevede automaticamente l’adeguamento all’aliquota del 26%, la cui applicazione come abbiamo spiegato, è stato introdotta dal Decreto Legge 66/2014. Al momento dell’introduzione della Legge Crypto e della lettera c-sexies, l’art. 3, comma 1 del DL 66/2014 recita ancora:
Il governo avrebbe dovuto modificare il DL 2014 all’art. 3 comma 1 per ufficializzare l'estensione di aumento dell'aliquota alla nuova lettera c-sexies. In assenza di questa modifica, l’aliquota del 26% si considera applicabile solo ai redditi finanziari esplicitamente inclusi nelle lettere fino alla c-quinquies. Per la c-sexies esclusa, vige ancora la normativa precedente nel 1997.
Nel dossier parlamentare della legge di bilancio del 2023, come di prassi, vengono evidenziate le richieste di modifica. Qui, leggiamo nero su bianco la richiesta di “apportare la medesima modifica all’articolo 3, comma 1, del DL 66/2014” per includere le cripto-attività nella tassazione al 26%. Fin qui, il processo seguiva correttamente l’iter previsto: in risposta alla richiesta, la lettera c-sexies avrebbe dovuto essere inclusa nell’applicazione dell’aliquota al 26%, e non staresti leggendo questo articolo.
A pagina 224 del dossier, è riportata la richiesta:
Con riferimento alla misura dell'aliquota, si valuti inoltre di apportare la medesima modifica all'articolo 3, comma 1, del decreto legge n. 66 del 2014.
Questo è il punto critico della scoperta: nessuna modifica è seguita alla richiesta. Per estendere formalmente l’aliquota del 26% alle plusvalenze derivanti dalle cripto-attività (lettera c-sexies), sarebbe stata necessaria una modifica legislativa ufficiale.
La mancata estensione normativa suggerisce che le plusvalenze da cripto-attività restino soggette all'aliquota originaria del 12,5%, stabilita dal decreto legislativo del 1997. L’applicazione dell’aliquota del 26% alle plusvalenze crypto dal 2023 sembrerebbe quindi violare il principio di legalità tributaria, che impone una base normativa chiara e specifica.
Seguendo questa tesi, i contribuenti potrebbero potenzialmente richiedere un rimborso di oltre il 50% delle tasse versate sulle plusvalenze da cripto-attività.
Attenzione però: richiedere un rimborso fiscale per un presunto errore normativo può essere complesso e rischioso. Ne parliamo in dettaglio in questo articolo, dove invitiamo alla massima cautela e ti diamo una panoramica sulla situazione.
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