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04/04/2025

Bitcoin Mining in Italia: come funziona e quanto consuma

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Bitcoin Mining in Italia: come funziona e quanto consuma

No, non devi essere un genio della matematica per fare mining. Il mito secondo cui i miner di Bitcoin risolvono complesse equazioni è ancora vivo, sia nei media che in certi documenti istituzionali. Ma è sbagliato. Il mining non richiede abilità matematiche avanzate, bensì pura potenza di calcolo applicata a un processo probabilistico, gestito dal meccanismo di Proof-of-Work (PoW). Ti servono capacità computazionali, energia a buon prezzo e una configurazione efficiente.

Ma cosa accade davvero quando un blocco viene validato? Perché il mining è così centrale nel funzionamento della rete Bitcoin?

Perché esiste il mining? Il fondamento economico e sistemico

Il mining esiste per una ragione precisa: permettere a Bitcoin di funzionare senza un’autorità centrale. Senza questo meccanismo, non potresti contare su una rete sicura né su una politica monetaria stabile, caratteristiche che rendono bitcoin radicalmente diverso da qualsiasi asset tradizionale o valuta.

Il mining è il processo con cui i nodi specializzati (denominati anche miner) validano i blocchi di transazioni all’interno della rete Bitcoin, mettendo in competizione la loro potenza computazionale per risolvere un problema crittografico. Chi trova per primo la soluzione, secondo le regole del protocollo Proof-of-Work, ottiene il diritto di aggiornare il registro distribuito e riceve in cambio un premio in BTC. È l’unico meccanismo previsto per l’emissione di nuova moneta e per garantire l’integrità del sistema senza autorità centrali.

Bitcoin è quindi un tentativo di sistema monetario davvero decentralizzato. Ma in un sistema senza vertici, sorge una domanda inevitabile: chi fa rispettare le regole? La risposta è semplice: sei tu! O meglio: chi, come te, partecipa alla rete mettendo in gioco risorse reali.

I miner competono per ottenere nuove monete, ma solo se seguono le regole del protocollo. Nessuna scorciatoia: o rispetti il codice, o resti fuori. È così che l’incentivo economico garantisce il funzionamento dell’intero sistema.

Nel mondo bancario, la sicurezza è affidata a una rete di autorità: vigilanza, banche centrali, infrastrutture tecnologiche e di regolamento. Bitcoin elimina tutto questo. Qui la sicurezza dipende dalla competizione per risorse scarse: energia e potenza di calcolo.

Nessuno può cambiare le regole o prendere il controllo senza affrontare costi insostenibili. È una governance distribuita che funziona senza fiducia nelle persone, ma solo con la fiducia nel codice. E sei tu, insieme agli altri utenti, a mantenerla viva.

Il mining di Bitcoin come meccanismo di stabilità economica

Il mining di Bitcoin non serve solo a convalidare i blocchi: è anche un sistema di autoregolazione economica che aiuta a tenere in equilibrio l’intero ecosistema Bitcoin.

Il motivo? Il costo del mining (energia, attrezzature, tempo) è direttamente legato al prezzo di bitcoin. Questo crea un ciclo di feedback che bilancia automaticamente sicurezza e decentralizzazione. Quando il prezzo di bitcoin sale, il mining diventa più redditizio: entrano nuovi operatori, cresce l’hashrate, aumenta la sicurezza e si amplia la distribuzione geografica. Quando invece il prezzo scende, i meno efficienti si ritirano, i consumi calano e la concorrenza si riduce. Il risultato è un equilibrio dinamico che si autoregola.

Hashrate indica la potenza computazionale totale impiegata dai miner per mantenere attiva e sicura la rete Bitcoin (o di un’altra criptovaluta basata su Proof-of-Work). È misurata in hash al secondo (H/s) e rappresenta il numero di tentativi di calcolo effettuati ogni secondo per trovare la soluzione a un blocco

Il mining agisce come un meccanismo automatico di controllo sull’offerta monetaria. Ma, a differenza dei sistemi centralizzati, è il mercato, attraverso incentivi economici reali, a determinare emissione, costi e livello di sicurezza della rete. In sintesi: il mining è l’architrave del modello monetario di Bitcoin.

Costo dell’energia e sostenibilità del mining in Italia

L’Italia oggi non è un territorio competitivo per fare mining. Il motivo principale è chiaro: il costo dell’energia.

Secondo Eurostat, nel primo semestre del 2024 le imprese italiane hanno pagato in media circa 0,2889 €/kWh, uno dei livelli più alti d’Europa. In confronto, in Texas il costo medio per l’industria era di circa 0,056 €/kWh (Texas Electricity Profile, 2023), in Kazakistan di circa 0,058 €/kWh (Global Climatescope, 2024) e in Norvegia i prezzi all’ingrosso hanno raggiunto minimi attorno a 0,028 €/kWh (Statista, 2024).

Nonostante questo scenario, esistono eccezioni. Alps Blockchain, ad esempio, ha riconvertito oltre 20 centrali idroelettriche dismesse in impianti per il mining di Bitcoin, sfruttando l’energia prodotta in loco. In questi siti vengono installate macchine specializzate per il "calcolo" - i dispositivi che eseguono materialmente il processo di mining - alimentate in modalità di autoconsumo.

Non è un modello replicabile su larga scala, né competitivo con i grandi hub internazionali, ma rappresenta un tentativo concreto di integrare sostenibilità e innovazione in un contesto energetico complesso come quello italiano.

Il mining di Bitcoin e il consumo energetico

Consumare energia non è una conseguenza secondaria del mining: è la base stessa del suo funzionamento. Il protocollo di Bitcoin si fonda su un principio molto semplice ma potente: solo chi dimostra di aver impiegato potenza di calcolo può scrivere nuovi blocchi nella blockchain. Questo garantisce l’integrità della rete e la resistenza a ogni forma di manipolazione. Il prezzo da pagare, però, è elevato. Secondo gli ultimi dati del Cambridge Bitcoin Electricity Consumption Index, nel 2025 la rete Bitcoin consuma circa 145 TWh all’anno. È una cifra che equivale a circa lo 0,5% del consumo elettrico mondiale, più di quanto consumano interi Stati in un anno. E se guardiamo al dato per singola transazione, l’impatto è ancora più netto: oltre 1.000 kWh per ogni transazione registrata on-chain. Abbastanza per alimentare una casa per oltre un mese, secondo le medie europee di consumo domestico.

Queste cifre fanno discutere, ma vanno comprese nel loro contesto. L’energia impiegata non serve a “muovere denaro”: serve a proteggere il protocollo, rendendo estremamente costoso qualsiasi tentativo di attacco o di riscrittura della storia. È un approccio radicale: nessuna autorità centrale, nessuna intermediazione legale. Solo la prova matematica di uno sforzo computazionale reale.

Basta una variazione di pochi centesimi al kWh per determinare la sopravvivenza o la chiusura di un’operazione: la competitività del mining dipende direttamente dal costo dell’elettricità. Per questo i miner inseguono energia economica, stabile e, sempre più spesso, rinnovabile - proprio come visto prima con l'esempio di Alps Blockchain. Le stime più attendibili indicano che almeno il 30-40% dell’hashrate globale è oggi alimentato da fonti a basse emissioni, con punte dichiarate superiori al 50% (Bitcoin Mining Council).

Il punto è semplice: non puoi fare mining senza consumare energia, ma puoi scegliere quale energia consumare e come comunicarlo. Ed è proprio qui che si gioca la sfida dei prossimi anni: rendere il mining sostenibile non solo economicamente, ma anche dal punto di vista ambientale, reputazionale e regolamentare.

Il costo della decentralizzazione: un confronto che va oltre i numeri

In generale, sarebbe importante introdurre in modo chiaro il concetto che il costo dell’infrastruttura tecnologica rappresenta un elemento necessario per abilitare un sistema di scambio di valore realmente decentralizzato. In altre parole, il consumo energetico associato, ad esempio, al protocollo Bitcoin non dovrebbe essere paragonato in modo diretto ai costi operativi dei sistemi di pagamento tradizionali, perché manca un elemento chiave: la decentralizzazione.

La rete Bitcoin (così come altri protocolli simili) non si basa su un’autorità centrale, ma su un'infrastruttura distribuita e autonoma, resistente alla censura e al controllo esterno. È quindi fisiologico che il costo per sostenere questo tipo di architettura sia differente e, in un certo senso, inevitabile: è un “costo dovuto” per garantire la sicurezza, la trasparenza e l’indipendenza del sistema.

Per avere un confronto più equilibrato, sarebbe forse più sensato spostare la riflessione a un livello più ampio: perché la società accetta i costi energetici e ambientali legati ad altri settori, come l'intrattenimento televisivo (pensiamo alla trasmissione delle partite di calcio), i social network, l'industria della moda o del gaming - tutte attività che, per quanto culturalmente rilevanti, non sono essenziali quanto la possibilità di scambiare valore in modo sicuro e inclusivo?

Se analizziamo il tema dal punto di vista della produttività e dell’impatto sociale, la spesa energetica necessaria a far funzionare una rete finanziaria decentralizzata potrebbe risultare non solo giustificata, ma persino virtuosa. In un mondo in cui il valore si muove sempre più su scala globale, la possibilità di avere un’infrastruttura neutrale, trasparente e resistente al controllo centralizzato rappresenta un bene comune di primaria importanza.

Il mining di Bitcoin come fondamento di una nuova infrastruttura economica

Il mining non è un dettaglio tecnico: è ciò che rende possibile l’esistenza di Bitcoin come infrastruttura monetaria autonoma, indipendente da governi, banche centrali o emittenti privati. A differenza dei sistemi tradizionali, non esistono banche centrali, comitati tecnici o strumenti discrezionali. L’offerta monetaria è definita in partenza e non può essere modificata da un singolo attore. Tuttavia, il funzionamento della rete dipende dal consenso dei partecipanti: se una maggioranza qualificata di nodi e miner decidessero di cambiare le regole, potrebbero farlo. È un equilibrio tra rigidità del protocollo e dinamiche economiche distribuite.

In questo schema, il mining impone dei vincoli reali: energia, hardware, tempo. Per scrivere nella blockchain, devi sostenere un costo. Questa barriera d’ingresso scoraggia ogni tentativo di manipolazione. Non si tratta di credere nel sistema: si tratta di sapere che romperlo non conviene. Il risultato è un sistema monetario alternativo che:

  • non può essere manipolato da governi o singoli attori a piacimento;

  • garantisce sicurezza attraverso incentivi economici, non per imposizione normativa;

  • regola l’emissione monetaria in modo trasparente e prevedibile, senza decisioni arbitrarie.

L’Italia, oggi, non è tra i contesti più favorevoli per il mining, soprattutto a causa dei costi energetici elevati e della mancanza di incentivi strutturali. Ma se il quadro normativo europeo dovesse evolvere, e se si riuscisse a scalare l'integrazione di fonti rinnovabili e ottimizzazione operativa, potrebbero aprirsi nuove opportunità.

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