Fiscalità
16/12/2024
Dal 2025 ogni plusvalenza crypto sarà tassata senza soglia di esenzione, mentre dal 2026 l’aliquota sulle plusvalenze salirà al 33%. Anche se il testo definitivo della manovra finanziaria sulla tassazione delle criptovalute non è ancora disponibile, alcune anticipazioni delineano un quadro che riforma in modo significativo il contesto fiscale per investitori e operatori del settore crypto in Italia.
Nel nostro precedente articolo abbiamo analizzato quali erano le possibili misure per contrastare l’aumento dell’aliquota al 42%. Ad oggi, le anticipazioni sulla legge di bilancio 2025 prospettano una situazione peggiorativa per chi investe in crypto:
rimozione della no tax area, la soglia dei 2.000 euro, già dal 1 Gennaio 2025;
aumento dell’aliquota sulle plusvalenze al 33%, dall'anno di imposta 2026;
Sebbene l’aumento al 42% sia stato evitato, queste misure - se confermate - rappresentano un cambio significativo, colpendo in particolare i piccoli investitori.
Nei prossimi paragrafi esamineremo come questi scenari potrebbero concretizzarsi, e anno per anno, valuteremo le implicazioni per fornirti strategie pratiche per affrontare ogni cambiamento con consapevolezza.
Prima di analizzare le novità, è fondamentale precisare che il regime fiscale per il 2024 rimane invariato. Le regole attualmente in vigore, introdotte con la legge finanziaria crypto del 2023 e riassunte in questa guida, costituiscono il riferimento per la dichiarazione dei redditi 2024 da presentare nel 2025 (fonte normativa: TUIR, art. 67-68)
Secondo la normativa vigente, per le plusvalenze:
l’aliquota del 26% si applica sull’intero ammontare della plusvalenza realizzata;
il pagamento dell’imposta è richiesto solo per importi superiori alla soglia di esenzione di 2.000€.
Questo rappresenta l’ultimo anno di respiro per investitori che realizzano profitti ‘contenuti’. Con l’entrata in vigore del nuovo regime dal 1 Gennaio 2025, il margine per prepararsi ed adattare la propria operatività è quasi esaurito.
Prepararsi sin da ora per affrontare con lucidità i cambiamenti previsti, e riuscire ad ottimizzare la gestione fiscale delle proprie cripto-attività.
Dal 1° gennaio 2025, la soglia di esenzione di 2.000€ per le plusvalenze crypto sarà eliminata: il primo cambiamento significativo. Questa novità segna la fine di un periodo in cui i guadagni contenuti potevano beneficiare di una certa 'leggerezza operativa'. Dal 2025, ogni plusvalenza sarà soggetta a tassazione, anche se di importo inferiore a 2’000€. In altre parole, anche una plusvalenza, ad esempio di 400€, sarà soggetta ad imposta sostitutiva del 26%.
Con un regime fiscale sempre più rigido e complesso, uno strumento affidabile per monitorare e dichiarare le crypto diventa essenziale per evitare errori e automatizzare ogni processo.
Corretta rendicontazione di ogni vendita, scambio o operazione soggetta a tassazione
Gestione accurata delle tipologie di scambi, distinguendo con chiarezza quelli imponibili
Pianificazione fiscale più accurata, dato che ogni euro guadagnato sarà tassato occorre fare un upgrade nella strategia
Monitoraggio continuo delle posizioni aperte, elemento chiave per evitare sorprese fiscali
L’aliquota fiscale al 33%, prevista per il 2026, è uno degli aspetti più controversi della nuova legge. Sebbene l’entrata in vigore sia ancora ‘distante’, la misura sta già suscitando preoccupazioni tra investitori e operatori, a causa dell’impatto di un carico fiscale significativamente più elevato.
L’incremento riguarderà i guadagni maturati nel 2026, con il versamento delle imposte fissato entro il primo semestre del 2027.
Come anticipato, la misura sta scaldando molti animi e acceso vari dibattito. La motivazione è che: su una plusvalenza di 1.500€ - rilevante anche se minore di 2.000 euro - l’imposta sale a 495€ con l’aliquota al 33% nel 2026, rispetto ai 390€ del regime al 26%.
Sono le stesse critiche di cui avevamo già parlato in questo articolo, che sollevano interrogativi sull’equità e sulla sostenibilità a lungo termine della misura, in sintesi:
disparità di trattamento fiscale: strumenti tradizionali e derivati sulle crypto, come futures, ETF, ETP o ETN, continueranno a essere tassati al 26%, penalizzando la custodia privata rispetto a soluzioni finanziarie più strutturate;
perdita di competitività: un carico fiscale più alto rischia di spingere trader e investitorii verso mercati esteri con regimi fiscali più favorevoli;
rischio per l’ecosistema: un mercato meno attrattivo rallenta investimenti e l’innovazione, indebolendo l’intero network italiano.
Queste criticità sollevano interrogativi sull’equità e sulla sostenibilità a lungo termine della misura, come avevamo già evidenziato in questo articolo.
Le novità fiscali in arrivo per il 2025 e il 2026 richiedono ancor più di prima, se possibile, una pianificazione attenta e strumenti affidabili per affrontare i cambiamenti senza rischi. Con l’eliminazione della no tax area, la tassazione di ogni plusvalenza ed il futuro l’aumento dell’aliquota al 33%, rimanere al passo con l’evoluzione della normativa in tema cripto-attività resta sempre un compito arduo.
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