Fiscalità
26/07/2024
La tassazione dello staking delle criptovalute è un tema di grande interesse per gli investitori e gli appassionati di criptovalute. Con il crescente utilizzo delle criptovalute e l'evoluzione delle normative fiscali, è fondamentale comprendere come vengono tassati i guadagni derivanti dallo staking. In questo articolo, esamineremo il regime fiscale vigente fino al 2022 e le principali novità introdotte a partire dal 2023.
Prima di addentrarci nei dettagli fiscali, è utile fare un breve riepilogo su cosa sia lo staking. Lo staking è il processo mediante il quale i possessori di criptovalute possono partecipare alla validazione delle transazioni di una blockchain proof-of-stake (PoS) e guadagnare ricompense in cambio. Questo avviene bloccando una certa quantità di criptovalute in un portafoglio digitale, contribuendo così alla sicurezza e al funzionamento della rete.
Molte piattaforme, come Binance e Coinbase ma anche tantissime altre, offrono servizi denominati di “staking”, per l’appunto, che funzionano in modo molto simile allo staking vero e proprio effettuato su blockchain proof-of-stake. In questi casi, tuttavia, la maggior parte delle volte non si tratta di staking vero e proprio. Infatti, si tratta più propriamente di una rendita ricevuta per il prestito di proprie criptovalute all’exchange. È un concetto decisamente più vicino al c.d. “earning”.
Discorso simile per quanto riguarda lo staking promosso da alcuni progetti che richiedono il blocco di un certo token - di norma il medesimo token del progetto stesso - e, in cambio, al termine del periodo di vincolo o anche durante questo forniscono rewards su base regolare.
Anche in questi casi di staking “finto” le regole seguenti si applicheranno, senza che sia distinguibile una casistica dall’altra.
Vale la pena ricordare che fino al 2022 la tassazione delle criptovalute, incluso lo staking, in Italia era caratterizzata da una certa incertezza, in quanto non esisteva una normativa specifica per le criptovalute e, come visto, si applicavano le norme generali sulla tassazione dei redditi di capitale e dei redditi diversi.
In Italia, la Legge di Bilancio 2023 (legge 197/2022), in vigore dal 1° gennaio 2023 e conosciuta anche come "Legge Crypto", ha apportato importanti modifiche in materia di criptovalute. In particolare, ha introdotto un regime fiscale dedicato, con definizioni e classificazioni specifiche e delle sezioni specifiche nella dichiarazione dei redditi dove indicare le criptovalute e gli eventuali guadagni. L’Agenzia delle Entrate ha specificato ulteriormente quanto previsto dalle (striminzite) norme sulle crypto contenute nella legge di bilancio.
L’Agenzia delle Entrate ha poi ulteriormente ed espressamente chiarito che lo staking è una delle “cripto-attività” di cui parla la legge 197/2022.
La legge italiana 197/2022, detta anche “Legge Crypto” all’art 1, comma 126, lett. b), afferma che:
“I proventi derivanti dalla detenzione di cripto-attivita' percepiti nel periodo di imposta sono assoggettati a tassazione senza alcuna deduzione.”
Cosa significa questa norma? Innanzitutto, è chiaro che la fattispecie, anche se su alcuni aspetti in modo un po’ ambiguo, si riferisca allo staking di criptovalute e voglia regolarne la relativa tassazione.
Chiariamo subito un punto: sebbene secondo alcuni il capitale messo in staking non sia effettivamente “detenuto” a tutti gli effetti, secondo l’Agenzia delle Entrate non fa alcuna differenza: si tratta sempre di staking.
La legge fiscale attualmente vigente dice che i proventi (si intende, i rewards) da staking sono tassati al momento della percezione. Questo significa che il reward viene tassato considerando il valore di mercato nel momento in cui viene percepito dall’utente, quindi quando entra nel suo wallet. Non si deve aspettare, come era plausibile ipotizzare, di cedere i token ricevuti come rewards e quindi "realizzare" il provento, perché si debba pagarci l'imposta.
La prima cosa da specificare è che l’imposta va calcolata sull’intero ammontare del reward. Infatti, il rewards si considera acquisito a “costo zero”, quindi la tassa si paga sull’intero valore di mercato del token ricevuto, al momento della percezione.
La risposta dipende dall’anno in cui hai percepito i proventi dello staking.
Fino al 2022 i rewards da staking dovevano essere inclusi nel Quadro RL e, dunque, erano tassati in base agli scaglioni IRPEF e considerando tutti i redditi percepiti nell’anno fiscale.
Dal 2023 in avanti, i rewards da staking devono essere inseriti nel Quadro RT. Il loro valore al momento della percezione dovrà essere sommato alla cifra del rigo RT31 “Totale dei corrispettivi”. Invece, nulla andrà aggiunto al valore presente nel rigo RT32 “Totale dei costi o dei valori di acquisto” perché, come si diceva, il token ottenuto mediante staking viene acquisito a costo 0. Quindi, dal 2023 in avanti i rewards da staking sono tassati sul loro intero valore al 26%.
La Legge Crypto nell’inciso riportato poco sopra e dedicato ai “proventi da detenzione di cripto-attività” specifica ulteriormente che la tassazione sullo staking deve essere calcolata senza “alcuna deduzione”, vale a dire senza la possibilità di diminuire l’imposta dovuta in alcun modo.
Ci si è chiesto da più parti, infatti, se il capitale messo in staking - in qualche modo “a rischio” per il solo fatto di essere in stake, oltreché per la naturale oscillazione del valore del token, e considerato altresì che non lo si sta propriamente “detenendo” possa essere dedotto dalla cifra ottenuta come reward. La risposta è negativa: il reward entra “a costo 0”, come abbiamo già visto.
Stesso discorso per quanto riguarda eventuali commissioni (o “fee”) pagate al momento della ricezione dei rewards da staking: di queste parla espressamente l’Agenzia delle Entrate nella sua circolare del 27 ottobre, dove afferma espressamente che eventuali somme trattenute dal fornitore presso cui si opera lo staking non possono essere dedotte dal valore ottenuto dal reward.
Questa regola deve dunque considerarsi applicata anche per i costi in qualsiasi caso sostenuti per effettuare lo staking, quantomeno da parte del privato: essi non sono mai deducibili.
Potresti chiederti, a questo punto, se, una volta pagata l’imposta dovuta sui rewards da staking tu sia a posto.
Ebbene, non è finita qui. Infatti, se vendi il token ottenuto come reward da staking e realizzi una plusvalenza, dovrai pagare un’ulteriore imposta, ma in questo caso limitata al valore della plusvalenza realizzata.
Te lo spiego meglio con un esempio:
Metti 100 ether in stake su Ethereum in proof-of-stake.
Validando un nuovo blocco della rete ottieni un reward pari ad 1 ether, che vale in quel momento 3’000€ → nasce l’obbligo impositivo di pagare l’imposta sull’intero valore di quel singolo ether ottenuto, cioè 3’000€. Nel 2023, la cifra è pari al 26%, quindi 780€.
Dopo qualche tempo, vendo quel singolo ether a 4’000€: in quel momento nasce un secondo obbligo impositivo sulla plusvalenza realizzata. Questa è pari a 4’000 - 3’000 = 1’000€, quindi dovrò versare ulteriori 260€ di imposta.
Attenzione però: se il token dovesse perdere valore potrai cederlo (magari per USDC, che dal 1° luglio è considerato E-money token) e generare una minusvalenza che potrai compensare con altre plusvalenze, anche negli anni successivi!
Un fattore che complica le cose e di molto è la rendicontazione fiscale dello staking che prevede:
Distinzione tra “quota capitale” (l’ammontare di crypto messe in staking) e i rewards ottenuti
Utilizzo del metodo LIFO (Last In First Out) per quanto riguarda il calcolo delle plusvalenze al momento della vendita dei token.
Cosa significa tutto questo?
Innanzitutto, i token messi in “quota capitale”, anche se detenuti nel medesimo wallet e quindi apparentemente indistinguibili dai rewards ottenuti e “incamerati” in quel wallet, devono essere distinti dai proventi da staking poiché avranno un prezzo di carico specifico. I rewards, come già visto, hanno invece “prezzo di carico 0”.
Quando si vende quel token, si applica il LIFO che impone di considerare come venduto l’ultimo token acquisito.
Tenuto conto di quanto appena esposto si possono anche elaborare delle strategie di risparmio fiscale che consentono di risparmiare molte tasse! Inoltre, l’utilizzo di un software come CryptoBooks è altamente consigliabile per non rischiare di pagare imposte in modo errato o non conforme alla legge.
La tassazione dello staking delle criptovalute è un aspetto cruciale per chi investe in questo settore.
Le nuove normative introdotte a partire dal 2023 rappresentano un passo avanti verso una maggiore chiarezza e certezza fiscale, aiutando i contribuenti a gestire meglio i loro obblighi fiscali, ma la distinzione tra regime antecedente al 2023 e regime “post legge di bilancio” complica sicuramente la vita a chi ha fatto staking per più anni, partendo prima del 2023.
Per gli investitori in criptovalute, è fondamentale rimanere aggiornati sulle normative fiscali vigenti e considerare l'impatto fiscale delle loro operazioni di staking. Una corretta rendicontazione fiscale è essenziale per dichiarare correttamente nel Quadro RW le criptovalute possedute, nonché calcolare correttamente le imposte da versare nel Quadro RT.
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