Fiscalità
26/09/2024
Se generi plusvalenze con il trading di criptovalute – spot, futures, bot, margin – i guadagni ottenuti sono soggette a tassazione. In questa guida ti spiego come funziona il calcolo, quando scatta l’imposta, cosa devi dichiarare e come puoi compensare eventuali minusvalenze. Troverai esempi concreti e aggiornati al 2025, con un occhio al Quadro RT (o al Quadro T, e usi il 730) e alle corrette regole di contabilizzazione, come il metodo LIFO.
Fare trading con le criptovalute significa acquistare e rivendere crypto asset come Bitcoin, Ethereum o stablecoin per ottenere un profitto. L’obiettivo è sfruttare le oscillazioni di prezzo: compri a un valore basso, vendi a uno più alto. Ma puoi anche operare al ribasso, aprendo posizioni short se ti aspetti un calo di mercato.
A differenza di un semplice scambio, il trading è un’attività speculativa vera e propria. Che tu operi manualmente, con un bot o in margin, ogni operazione può generare plusvalenze fiscalmente rilevanti. E devi sapere quando e come dichiararle.
Una plusvalenza generata dal trading crypto è tassabile solo quando realizzi un’operazione fiscalmente rilevante. In pratica, il guadagno diventa imponibile solo se converti le crypto in una forma patrimoniale certa o liquida come quando:
converti le crypto in euro o altra valuta fiat;
acquisti beni o servizi pagando in crypto;
scambi una cripto-attività con un’altra di natura economia diversa (es. da utility token come "UNI" a payment token come "BTC").
Al contrario, non si genera alcuna imposizione nel caso di permute tra asset equivalenti, come ETH/wETH o USDT/EURT.
Questo momento (la cessione di cripto-attività) è comunemente noto come cash-out: cioè quando trasformi un asset volatile in qualcosa che ha un valore certo (euro, dollari, beni o servizi). È proprio lì che nasce l’obbligo fiscale.
Per l’anno fiscale 2024 (che stai dichiarando nel 2025), la tassazione scatta solo se la somma delle plusvalenze realizzate supera i 2.000 euro. Sotto questa soglia, non è dovuta alcuna imposta, ma restano comunque validi gli obblighi di dichiarazione e monitoraggio.
A partire dall’operatività 2025 (quindi redditi che dichiarerai nel 2026), questa soglia è stata eliminata. Ogni plusvalenza sarà tassabile sin dal primo euro. Inoltre, in base alla nuova normativa fiscale, alcune operazioni particolarmente speculative saranno soggette a un’aliquota del 33%, invece dell’attuale 26%.
Non tutti gli strumenti legati alle criptovalute rientrano nel perimetro del trading ai fini fiscali. È fondamentale distinguere tra:
trading spot: acquisti e vendi direttamente crypto asset (es. BTC, ETH, USDT) su un exchange o da wallet a wallet; in questo caso possiedi realmente le criptovalute e il fisco considera ogni operazione di vendita (o di permuta rilevante) come potenziale generatrice di plusvalenza;
trading di derivati: operi con strumenti come futures, opzioni, CFD o ETF crypto. In questo caso non possiedi mai le criptovalute, ma solo una posizione aperta sull’andamento del loro prezzo.
Il trading di derivati fiscalmente non rientra nella disciplina delle cripto-attività, ma assorbe le regole poste dagli strumenti finanziari derivati tradizionali.
Ricorda: la tassazione sulle cripto-attività non scatta finché non realizzi un cash out. Operazioni puramente interne, tra crypto con la stessa funzione, non generano imposta. Ma nel momento in cui converti un asset in valore certo (o in uno con funzione diversa), sei nel pieno perimetro fiscale.
Le plusvalenze da trading crypto sono tassate come redditi diversi di natura finanziaria. Per l’anno fiscale 2024 – che stai dichiarando nel 2025 – l’aliquota è del 26%, ma si applica solo se hai generato più di 2.000 euro di plusvalenze nette. Sotto questa soglia, non paghi imposte, anche se restano gli obblighi di monitoraggio e dichiarazione.
Dal 2025 (redditi che dichiarerai nel 2026), la soglia dei 2.000 euro viene abolita: ogni plusvalenza diventa tassabile sin dal primo euro. Inoltre, se utilizzi strategie ad alta frequenza, operi con leva o affidi l’esecuzione a sistemi automatizzati, alcune operazioni potrebbero essere soggette a un’aliquota maggiorata del 33%, secondo quanto previsto dalla nuova normativa.
Hai registrato delle perdite? Puoi compensarle con le plusvalenze dello stesso anno per ridurre l’imposta. Le eventuali minusvalenze eccedenti possono essere riportate a nuovo nei quattro anni successivi. È una leva fiscale importante da non sottovalutare, soprattutto se operi in modo continuativo.
In Italia, il calcolo delle plusvalenze da crypto trading segue il criterio LIFO – Last In, First Out. Significa che, se vendi una parte del tuo portafoglio, si considerano cedute per prime le criptovalute acquistate più di recente. Molti utenti commettono l’errore di usare il prezzo medio ponderato, ma la normativa italiana non lo consente. Applicare un metodo non previsto – come il PMP – espone a errori gravi e a calcoli completamente sbagliati.
Vediamo un esempio pratico:
Acquisti 1 BTC a gennaio 2023 a 20.000€
Acquisti un altro BTC a marzo 2023 a 25.000€
A giugno 2023 vendi 1 BTC a 30.000€
→ Secondo il metodo LIFO, hai venduto il BTC acquistato a marzo: plusvalenza = 5.000€
Attenzione: se non riesci a ricostruire con certezza il prezzo di carico (cioè quanto hai pagato quell’asset), la normativa applica un valore di acquisto pari a zero. In quel caso, tutta la somma incassata al momento del cash out viene considerata come plusvalenza, e potresti pagare molte più tasse del dovuto.
Se fai trading crypto e hai realizzato plusvalenze, devi indicarle nella tua dichiarazione dei redditi. Il quadro da compilare dipende dal modello fiscale che utilizzi:
Modello Redditi PF: devi compilare il Quadro RT, dedicato ai redditi diversi di natura finanziaria;
Modello 730/2025: puoi compilare direttamente il nuovo Quadro T, pensato per chi non ha partita IVA ma ha realizzato guadagni da cripto-attività.
In entrambi i casi, devi avere i calcoli corretti, allegare documentazione a supporto e conservare i dati per eventuali controlli.
Le operazioni di trading spot o su derivati non sono le uniche a generare plusvalenze. Ai fini fiscali, devi includere nel calcolo complessivo anche:
la vendita di crypto ricevute tramite airdrop o attività DeFi (es. yield, reward);
il riscatto di token da protocolli di lending o staking;
la cessione di NFT;
qualsiasi scambio che comporti un realizzo economico su cripto-attività diverse.
Anche queste operazioni vanno monitorate, ricostruite e - se fiscalmente rilevanti - incluse nei quadri RT o T.
Se fai tante operazioni, usi più exchange o ti muovi tra CeFi e DeFi, ricostruire tutto a mano è un incubo. Tra calcoli, report e dichiarazioni, il rischio di errori (e sanzioni) è dietro l’angolo.
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