Fiscalità
16/09/2024
Le tasse sulle criptovalute sono un argomento sempre più rilevante in Italia, specialmente con l'entrata in vigore delle recenti normative. In questo articolo, esamineremo i principali aspetti della tassazione crypto nel nostro Paese, offrendo una panoramica sulle regole attuali e su come queste si applicano alle diverse forme di reddito generate dalle criptovalute.
Specifichiamo subito cosa vuol dire “redditi crypto” e cosa intendiamo anche per “tasse”. Per tasse, innanzitutto, sarebbe più tecnicamente corretto parlare - almeno in questa sede - di “imposte”, ma useremo anche il termine “tasse” per estensione, sebbene in modo più a-tecnico, a fini puramente didattici e di semplificazione.
Un “reddito crypto” è un reddito che proviene dall’utilizzo, o in certi casi anche dalla semplice detenzione, di criptovalute - o meglio, di “cripto-attività”. In questa sede si intende reddito qualora una determinata somma investita in criptovalute guadagni valore, che sia in euro o, come vedremo, anche in valuta digitale.
Questa interpretazione segue la lettera dell’art. 1, comma 126, lett. a), della c.d. “Legge Crypto 2023”, ovvero la legge 197/2022. Il comma in questione recita che la tassazione è applicata a:
“(...) le plusvalenze e gli altri proventi realizzati mediante rimborso o cessione a titolo oneroso, permuta o detenzione
di cripto-attivita', comunque denominate (...)”.
La norma prosegue, poi, specificando che tali guadagni non devono essere inferiori a 2’000€ nel periodo d’imposta. L’Agenzia delle Entrate, in circolari e comunicazioni successive, dopo aver creato un po’ di confusione ha specificato che si tratta di una soglia e non di una franchigia.
Questo significa che tutti i guadagni, complessivamente considerati, da cripto-attività durante un determinato periodo d’imposta devono essere pari ad almeno 2’000€ perché ci sia un’imposta da pagare. E che l’imposta va però applicata all’intero guadagno, e non solo - come sarebbe stato nell’ipotesi della franchigia - alla somma eccedente i 2’000€.
Le minusvalenze sono le perdite di capitale. Qualora tali minusvalenze fossero realizzate con cripto-attività, la legge, molto chiaramente, indica che queste possono compensare le plusvalenze, cioè i capital gain, sempre realizzati con cripto-attività. E' necessario, tuttavia, che anche queste perdite, così come i guadagni, vengano realizzati a tutti gli effetti con un cash-out - vedremo tra poco quando avviene.
Questo è un punto importante: si possono compensare tra loro solo minusvalenze e plusvalenze da cripto-attività! Infatti, si tratta di un tipo di asset “a sé stante” non compensabile con guadagni o perdite da altri tipi di asset.
Le minusvalenze possono essere, inoltre, portate in compensazione nei 4 anni successivi a quello in cui si sono realizzate.
Un chiarimento doveroso: se una plusvalenza riguarda, ad esempio, una posizione in bitcoin su un certo wallet, essa può benissimo essere compensata con una minusvalenza su una posizione in Ether detenuti su un differente wallet; così come sulle perdite sofferte su un exchange centralizzato o decentralizzato. In altre parole, si possono compensare tra loro tutte le cripto-attività, anche afferenti a diversi casi d’uso, diverse criptovalute e diverse piattaforme (per esempio posso compensare una perdita da trading di crypto con una plusvalenza maturata grazie all’ottenimento di rewards da staking!).
Vediamo come si compensano minusvalenze nei successivi 4 anni:
Nel 2023 investo 50’000€ in cripto-attività ma le cose vanno diversamente da come previsto e mi ritrovo al 31/12/2023 con un portafoglio crypto di 30’000€, per una minusvalenza pari a 20’000€.
Nel 2024 le cose vanno meglio e realizzo una plusvalenza di 5’000€: anziché pagare l’imposta del 26% su questa cifra, non pago alcuna tassa in quanto ho una perdita consistente (seppur riferibile all’anno prima) con cui compenso questo guadagno.
A questo punto, la minusvalenza che posso portare in compensazione nei successivi 3 anni (1 è già passato) sarà pari a 15’000€.
Nel 2025 realizzo un altro importante guadagno di 10’000€: avendo ancora una minusvalenza compensabile dal 2023, tuttavia, neanche quest’anno dovrò versare l’imposta sostitutiva del 26% sul capital gain!
Nel 2026 riesco ancora ad avere un profitto da cripto-attività, sempre pari a 10’000€. La metà (5’000€) di questa cifra viene compensata con la rimanenza della perdita maturata nel 2023, mentre l’altra metà, non coperta, sarà soggetta al 26% d’imposta. Quindi, quest’anno non avrò abbattuto interamente le tasse, ma avrò comunque pagato la metà di imposte!
C’è, tuttavia, una regola da tenere a mente: le minusvalenze possono essere portate in detrazione alle plusvalenze, fino al 4° anno successivo, se e solo se superano la soglia di 2’000€. Non solo: si tratta, in questo caso, di una vera e propria franchigia. Ciò significa che solo la somma che eccede i 2’000€ potrà essere portata in compensazione agli eventuali guadagni.
Ad esempio, se ho sofferto una perdita di 4’000€ potrò utilizzarla per compensare una plusvalenza di 2’000€; ma se avessi un guadagno pari a 3’000€, 2’000€ sarebbero compensati, mentre 1’000€ rimarrebbero non compensati.
Prima della Legge di Bilancio 2023 (legge 197/2022), la tassazione delle criptovalute era meno definita e variava a seconda del tipo di reddito generato. Ad esempio, i redditi da staking venivano inseriti nel quadro RL, mentre oggi, con l'entrata in vigore della nuova normativa, tutti i redditi da crypto devono essere dichiarati nel quadro RT. Questa modifica semplifica il processo di dichiarazione fiscale, rendendo più chiaro dove inserire i vari tipi di guadagni derivanti dalle criptovalute.
Fino al 2022, infatti, talune attività che oggi vengono considerate cripto-attività (ad es. i rewards da staking o i token ricevuti come airdrop) andavano inserite nel quadro RL. Il quadro RL è usualmente destinato agli “altri redditi” o a redditi derivanti da fattispecie specifiche; mentre il quadro RT afferisce, generalmente, ai redditi da capitale. Per quei medesimi redditi, tuttavia, le cose sono cambiate con la Legge Crypto, in quanto vanno attualmente inseriti sempre e comunque nel quadro RT.
Ancora oggi, se devi dichiarare dei redditi crypto ottenuti prima del 2023 dovrai rifarti alle regole vigenti prima che entrasse in vigore la Legge di Bilancio 2023, detta anche “Legge Crypto”.
Una delle novità più significative introdotte dalla legge di bilancio è l'imposta del 26% sui redditi generati dalle criptovalute. Anche prima l’imposta sui redditi crypto era pari al 26%, ma si applicava solo in determinati casi. Ora, invece, l’imposta si applica su qualunque cripto-attività, laddove nell’anno fiscale in esame la plusvalenza generata sia pari ad almeno 2’000€.
Questa imposta, dunque, si applica in tutti i casi in cui vi è il c.d. “cash-out”. Abbiamo cash-out nei seguenti casi:
Conversione di cripto-attività con valuta fiat: quando si acquista valuta fiat con crypto, oppure a(ad es.) si vende un NFT direttamente in cambio di valuta fiat, si dice che c’è “cash-out” e si dovrà versare, se c’è stato un guadagno, l’imposta sostitutiva del 26% sulla somma guadagnata.
Swap tra criptovalute e “E-money token”: alcune stablecoin sono considerate E-money token (“EMT”). In questi casi, se si fa swap tra una crypto detenuta e tale stablecoin, si ha cash-out e si dovranno versare le imposte.
Acquisto di beni o servizi con crypto: anche in questo caso per legge si ha cash-out. Attenzione: questa regola vale ovviamente anche se l’acquisto del bene o del servizio è effettuato tramite una “carta crypto” come quella fornita da Binance.
Quando si scambiano due cripto-attività aventi "funzioni e caratteristiche diverse": vale a dire che rientrano in categorie differenti, come evidenziato dall'Agenzia delle Entrate nella suddetta circolare di ottobre 2023.
Il valore su cui si applica l’imposta sostitutiva del 26% varia a seconda dei casi. Facciamo qualche esempio:
nel caso di trading, la tassa crypto del 26% si applica sulla differenza tra il valore di vendita, ed il valore di acquisto determinato tramite il metodo LIFO;
per i rewards da staking si tassa l'intero valore, calcolato al momento della percezione del reward;
nel caso di donazione crypto, l’imposta si calcola sulla differenza tra il valore di vendita ed il valore di acquisto del donante;
Poco fa ho accennato al metodo LIFO. Vediamo brevemente di cosa si tratta.
Il metodo LIFO (Last In, First Out) è la metodologia di calcolo del valore delle criptovalute in Italia. Richiede di considerare venduto l'ultimo token tra quelli comprati (della medesima tipologia). Questo metodo è stato confermato dall'Agenzia delle Entrate nella sua circolare di ottobre 2023. Un punto importante da sottolineare è che, in base al comma 126, lett. b), dell'articolo 1 della legge 197/2022, per le transazioni crypto di cash-out, se non si riesce a trovare il corretto prezzo di carico, questo è considerato pari a 0. Questo implica che in alcuni casi si potrebbe finire per pagare un'imposta maggiore rispetto al reale guadagno ottenuto.
La scadenza per il pagamento delle tasse crypto per il 2024 è fissata al 1° luglio (sarebbe stata il 30 giugno, ma essendo una domenica, è slittata al primo giorno lavorativo successivo, vale a dire proprio il 1° luglio). È importante notare che le dichiarazioni con i quadri RW ed RT devono essere presentate entro il 15 ottobre, quadri contenuti all'interno del modello reddito Persone Fisiche. Il quadro W, invece, contenuto nel modello 730, va inviato entro il 30 settembre 2024. Essere al corrente di queste scadenze è fondamentale per evitare sanzioni e problemi con il Fisco. In questo articolo trovi tutte le scadenze fiscali per chi possiede criptovalute.
Quest’anno abbiamo assistito ad un cortocircuito notevole: infatti, le tasse crypto 2024 vanno versate prima che siano effettuate le dichiarazioni crypto!
Importante: se effettui la dichiarazione delle tue criptovalute tramite modello 730, potrai utilizzare il quadro W per assolvere all’obbligo di monitoraggio fiscale.
Oltre all'imposta sui redditi, esiste anche un'altra tassa: l'imposta sul valore delle cripto-attività. Questa tassa non si applica al reddito generato ma alla semplice detenzione delle criptovalute. Anche se può sembrare meno rilevante rispetto all'imposta del 26%, è comunque un aspetto da considerare nella rendicontazione fiscale delle proprie criptovalute.
Gestire le tasse crypto può diventare estremamente complesso, soprattutto quando si possiedono diverse criptovalute su differenti wallet. È fondamentale avere una rendicontazione fiscale accurata per ogni caso d'uso e per ogni criptovaluta.
Un aspetto spesso trascurato ma fondamentale sono i "giroconti" o "transfer" tra i propri wallet. Queste transazioni non dovrebbero essere tassabili, ma è importante documentarle correttamente per evitare possibili problemi con il Fisco.
Un esempio: se trasferisco 1 bitcoin da Coinbase al mio ledger, tecnicamente si tratta di un giroconto e quella transazione non può essere considerata un “cash-out” né tassabile. Tuttavia, se non dimostro che una transazione in uscita da Coinbase sia collegata effettivamente ad una in entrata sul mio ledger, ad un controllo fiscale potrebbe risultare che i miei bitcoin su Coinbase siano semplicemente…”usciti”, e che quindi ci sia stato un cash-out. Questo significherebbe pagare l’imposta del 26% sull’eventuale guadagno anche se a tutti gli effetti non si sarebbe dovuto.
A causa della complessità delle normative e della necessità di mantenere una rendicontazione accurata, è essenziale utilizzare un software specializzato. CryptoBooks è il migliore sul mercato in Italia e offre un periodo di prova gratuita di 7 giorni. Grazie a questo strumento, è possibile gestire tutte le transazioni crypto in modo semplice e preciso, assicurandosi di essere sempre in regola con il Fisco, non pagando un € in più di tasse rispetto al dovuto.
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